Innovare è una parola oggigiorno eccessivamente abusata. Si legge ovunque, non c’è azienda che non proponga i suoi prodotti innovativi sui cartelloni a bordo strada, non c’è economista che non sostenga la necessità di innovare per uscire dalla crisi, i nostri stessi politici devono avere un promemoria da qualche parte perché ne fanno decennio dopo decennio il loro cavallo di battaglia.
Eppure basta guardarsi un po’ attorno per vedere che non sappiamo minimamente cosa sia l’innovazione. Siamo abitudinari, ci piacciono le cose che conosciamo anzi diffidiamo pure delle cose che non riusciamo a comprendere.
Il risultato è che facciamo sempre le stesse cose, nello stesso modo, sempre seguendo gli stessi schemi mentali. Di tanto in tanto, in questo tran tran, qualcuno introduce un qualche nuovo strumento di lavoro, un nuovo sistema organizzativo, una nuova parola inglese che ci fa lavorare più in fretta, più precisi, con meno errori e allora la folla esulta al grido di “innovazione!”
Quello che voglio dire con questo sarcasmo spicciolo è che non c’è innovazione nel fare sempre le stesse cose, anche se le facciamo più in fretta. L’introduzione di metodi e strumenti che ci rendono più veloci non risolveranno il problema della crisi, semplicemente sposteranno l’asticella un po’ più in là rimandando il problema ad un futuro prossimo.
Esempi? Le email non hanno migliorato il nostro modo di comunicare, abbiamo solo più spam da gestire, gli sms non hanno risolto il problema delle comunicazioni veloci, ci hanno solo privato di una grammatica e di una sintassi precisa, la fatturazione elettronica non renderà le aziende più snelle, è l’apoteosi del meccanismo citato che ci porta a prendere qualcosa di vecchio e di riproporlo in digitale senza pensare che forse il concetto stesso di fattura è da rivedere.
Con questo non sto dicendo che lavorare più in fretta sia sbagliato, voglio solo dire che quella della tempistica non è la strada più efficiente: la vera innovazione secondo me interviene in primo luogo sulla struttura delle cose, sulla definizione delle stesse e poi come ricaduta sui tempi d’esecuzione. Innovare vuol dire fare le cose che veramente servono nel minor numero di passi possibili. Non solo nell’azione in se ma anche in tutto il contesto che ci sta attorno. Questa è un po’ più difficile da mostrare ma mi posso spiegare meglio con un esempio: mi sono imbattuto in un progetto (questo si!) ha un qualcosa di davvero innovativo.
Attualmente lo scambio di denaro tra aziende è regolato da meccanismi semplici ma che richiedono tutto un ecosistema tutt’altro che banale. Una transazione nella sua declinazione più semplice, cioè nella forma del bonifico bancario, concettualmente è molto semplice: si tratta di una singola operazione bancaria che prevede il versamento di una certa somma da un conto ad un altro. Eppure a ben vedere tanto semplice la questione non è: innanzitutto i presupposti sono almeno due conti correnti (che hanno dei costi fissi), autenticazioni varie (volendo evitare di andare allo sportello), TKIP, CRO, cedolino, tempi tecnici della banca, gestione e registrazione aziendale dei flussi insomma il tutto si traduce in almeno un impiegato per ogni azienda che principalmente si occupa di questo.
L’esempio che volevo portare è quello del progetto di Satyspay: un manipolo di ragazzi ha pensato a come si potrebbe scambiare denaro in un modo più semplice: più consono ai tempi attuali quelli in cui tutti hanno un telefono e soprattutto non hanno ricreato le logiche dello sportello bancario.
Mi rendo conto che molti storceranno il naso, sentiranno una certa diffidenza ma è proprio quella diffidenza di cui parlavo prima: quella per le soluzioni che non conosciamo.
L’idea di fondo di Satispay è molto semplice: con un meccanismo molto simile a quello di Whatsapp la loro app permette di attingere da un conto prepagato una somma a propria scelta e di inviarla ad uno dei contatti della propria rubrica (che abbia a sua volta installata la app, cosa che a differenza di un conto corrente bancario non comporta spese fisse) esattamente come Whatapp permette di scambiare messaggi e foto. Nessun costro fisso, solo una quota fissa di €0,20 per le transazioni che superano i €10,00 (eliminando quindi anche i costi inaccettabili di commissione tipico dei sistemi basati su POS per le piccolissime spese)
Talmente semplice che è spiazzante. Succede quando si esce dalle logiche che si sono seguite per decenni.
Complimenti, tutta la mia ammirazione per il team di Satispay!