E’ uno degli argomenti più caldi dell’era digitale: la tutela dei propri dati personali. E’ di pochi giorni fa la notizia che l’Europa ha vietato una nuova app di Facebook: si chiama Moments ed è in grado di riconoscere tutte le persone che compaiono in una foto. Secondo l’Ue, viola la privacy e per ora l’applicazione è stata bloccata. Intanto, il social network ha annunciato di aver sviluppato un algoritmo in grado di identificare le persone anche di spalle: si basa su fattori come la postura, il taglio di capelli o il vestiario e funziona nell’83% dei casi.
C’è da scommettere che anche questa app farà discutere. A metà giugno, poi, l’Authority del Belgio ha citato in giudizio Facebook proprio in merito a questioni inerenti la privacy, in particolare sulle modalità in cui il social network traccia e usa i dati dei suoi iscritti.
Ma il problema non è limitato ai social: Google, ad esempio, è alle prese con la questione del diritto all’oblio, ossia il diritto alla cancellazione dei risultati di ricerca considerati non aggiornati, irrilevanti o lesivi della dignità. Questo diritto è stato sancito dalla Corte di Giustizia Europea, ma la Francia ha chiesto a Big G che venga esteso a tutto il mondo dopo che diversi internauti si erano rivolti al Garante francese perché il colosso dei motori di ricerca aveva eliminato i dati solo dalle versioni europee del sito. Lo stesso Google ha recentemente lanciato a livello mondiale un sistema per garantire a ciascun utente un maggior controllo sulla propria privacy, grazie alla funzione Myaccount.google.com che riunisce tutti gli strumenti di gestione dei dati personali, permettendo di decidere quali di essi condividere con Big G (ad esempio, la geolocalizzazione).
Mentre l’Ue sta lavorando ad un regolamento unico di protezione delle informazioni personali, in Italia, è entrata in vigore da poco la legge sui cookies, affinché gli internauti siano consapevoli del loro uso (ne abbiamo parlato qui). Qualche giorno fa, inoltre, il Garante della Privacy ha esposto la sua relazione annuale, sottolineando come non ci sia un campo (dai social network, alla telemedicina, dai processi telematici, alla videosorveglianza e alla stampa on line) che non presupponga il trattamento di dati personali: la richiesta è quindi di solide garanzie a loro tutela. “Nell’era digitale – ha detto -, noi siamo i nostri dati e la vulnerabilità dei dati è la vulnerabilità delle persone”. Secondo il Garante, però, non bisogna cedere alla tentazione della tecnofobia: oltre alle norme giuridiche, infatti, serve una nuova alfabetizzazione; gli utenti devono essere informati e consapevoli di come gestire i loro dati in rete.